martedì 13 maggio 2014
domenica 4 maggio 2014
Chiacchiere
E finalmente a tre minuti dalla mezzanotte alla Domenica Sportiva (!?), dopo un'ora e venti di chiacchiere in cui sono riusciti a far vedere ben tre minuti di servizio sul posticipo e il resto sulla finale di Coppa Italia (il contorno, mica la partita), riescono a trasmettere l'unico che valeva la pena di vedere oggi, la sconfitta della Roma a Catania che ha dato lo scudetto alla Juve, tre minuti di servizio di cui due di chiacchiere tra interviste e commento e uno solo di calcio ...giocato in cui in pratica si sono visti i quattro gol e nulla più. Seguono altre chiacchiere di giornalisti e ex calciatori, ex tecnici, ex comici che non ho voglia di ascoltare e come al solito tolgo l'audio in attesa del prossimo minuto di calcio giocato, che mi perderò perché intanto zappo tra i canali. Poi si lamentano se i Genny carogne che abitano le curve la partita manco la vedono perché intenti a trovare il modo di far fare altre chiacchiere.
domenica 20 aprile 2014
Citazione
"Il cane odiava quella catena. Ma aveva una sua dignità. Quello che faceva era non tendere mai la catena del tutto. Non si allontanava mai nemmeno quel tanto da sentire che tirava. Nemmeno se arrivava il postino, o un rappresentante. Per dignità, il cane fingeva di aver scelto di stare entro quello spazio che guarda caso rientrava nella lunghezza della catena. Niente al di fuori di quello spazio lo interessava. Interesse zero. Perciò non si accorgeva mai della catena. Non la odiava. La catena. L'aveva privata della sua importanza. Forse non fingeva, forse aveva davvero scelto di restringere il suo mondo a quel piccolo cerchio. Aveva un potere tutto suo. Una vita intera legato a quella catena. Quanto volevo bene a quel maledetto cane".
David Foster Wallace - Il Re Pallido
sabato 19 aprile 2014
Sempre allegri (bisogna stare)
Non scrivi più, mi chiedono. Vero. Non è che ne abbia tutta questa voglia. Bisognerebbe avere pure qualcosa di interessante da dire e non sono mai stato sicuro di avercelo, oppure qualcosa di nuovo, ma anche qui si casca male. No, niente di nuovo e niente di interessante. E poi più che altro mi verrebbe da inanellare tutta una serie di cristonate per ciò che mi ritrovo a vivere e per ciò che vedo in giro. Si sa, si finisce per dare noia, scrivere è condivisione e preferisco in maniera molto egoistica tenermela per me: almeno qualcosa in cui abbondare. Però no, non ho smesso di guardare con occhi sgranati a ciò che mi sta attorno. Per dire, vedo un sacco di gente felice ultimamente, credo lo abbiate notato: un mucchio di gente che in pieno delirio 2.0 balla e canta quel motivetto che piace tanto di quel tizio che a me, una volta, piaceva pure parecchio (ma pure ultimamente, devo essere sincero).
E' una esplosione di gioia, pare, e mi fa piacere che ci sia gente tanto felice da fregarsene se si sputtana mostrando la propria scarsa attitudine al ballo a cani e porci. Paesi e piazze e (oggesummadonna!) luoghi di lavoro traboccano di felicità e joie de vivre. Mi fa piacere, davvero, e poco importa se in fondo quel motivetto che piace tanto è a mio modesto avviso il peggior brano che il buon Pharrell abbia inciso da che musica e produce: i gusti son gusti e va bene così. Non fosse che poi a leggere il testo.... mah, io qualche domanda me la porrei sulla necessità di veicolare una stronzata del genere (non lui, ma chi sta dietro e sopra le nostre teste): non suona proprio come "sempre allegri bisogna stare ché il nostro piangere fa male al re", non trovate? Ma lasciamo stare, fiato sprecato e noi sinistri, complottisti.... bla bla bla.
Comunque io, per me, alla faccia del musico americano e dei tanti epigoni ballerini nostrani sto sempre incazzato come una bestia per tutta una serie di motivi che non ho voglia di elencare, ma che prendono spunto dal vivere quotidiano in questo diavolo di Paese a forma di stivale, dove come sempre tutto cambia per mai cambiare veramente. In tutta onestà dovessi scegliere qualcosa da dover ballare tutti assieme propenderei più per questo pezzo qua, magari brandendo qualcosa di contundente, ma tranquilli, sono solo sogni ad occhi aperti e mai mi augurerei accadesse davvero. E poi, perché mai? Qua, pare, stanno tutti bene. Fra un mese si rivota. Allegria.
mercoledì 9 aprile 2014
venerdì 28 febbraio 2014
mercoledì 26 febbraio 2014
Not just a ride
L'ho conosciuto tardi. Per dire, fino a un paio di anni fa sapevo vagamente chi fosse. Lo avevo già incrociato, sul finire degli anni '90 sulle pagine di un fumetto, Preacher di Garth Ennis e Steve Dillon (questo per quanti ritengono i fumetti robe minori, ma tant'è...), ma all'epoca non gli avevo dato il giusto peso e la cosa era finita lì, fino alla segnalazione di una amica un annetto fa.
Un comico Bill Hicks, sui generis, uno di quei personaggi che fatichi ad inquadrare perché distratti dalle etichette che ti fanno preferire altro e per cui lo lasci ai margini, non lasciandolo entrare. O forse, più probabile, non entra perché non sei ancora pronto ad accoglierlo e se lo fa, se ti entra dentro, è perché lo avverti e lo vivi in una maniera diversa, e non ne esce più. Le cose che gli senti dire non le ascolti e basta, solo con le orecchie e la mente, le hai vissute anche tu, toccano altre corde. Ci ridi sopra, perché le hai pensate anche tu senza avere il coraggio di dirlo apertamente, ma lo avverti, dentro, che le sue parole non hanno solo la funzione di darti momenti allegri, mirano ad altro, smuovono altre cose, aprono scenari diversi, mondi migliori, dove dopo viverci è più piacevole.
Bill Hicks ha terminato il suo giro di giostra esattamente venti anni fa, giovane, come una di quelle rockstar che rimpiangeva, nella maniera che sappiamo. Se sono vere le parole di Leopardi per cui "chi ha il coraggio di ridere è padrone del mondo come chi ha il coraggio di morire", questo lo rende due volte padrone, e se è vero che in fondo è solo giro, è anche vero che non tutti i giri sono uguali.
Chi volesse approfondire guardi qui.
Chi volesse approfondire guardi qui.
It's just a ride - Bill Hicks
martedì 18 febbraio 2014
lunedì 20 gennaio 2014
lunedì 13 gennaio 2014
Il grande sconforto
Commento più votato dai lettori sulla pagina del Corriere alla notizia del Golden Globe assegnato a La Grande Bellezza di Sorrentino:
"Il modo facile per i nostri registi di avere applausi dagli stranieri, è fare la solita copia di Amarcord o di Roma di Fellini...hanno capito che l'immagine che all'estero vogliono dell'Italia è di un paese corrotto,con le pezze al sedere,rimasto al Piano Marshall. I personaggi devono rigorosamente gesticolare,urlare ad alta voce e avere relazioni clandestine.....Gomorra, Baaria, Cinema Paradiso e adesso anche questo qui, in un modo o nell'altro ricalcano questo clichè.... Fa più danni all'immagine del paese un film come questi che 100 interventi di enti italiani a sostegno della nostra industria,agricultura e turismo. Spero che quelli che plaudono a questa notizia se ne rendano conto....."
"Il modo facile per i nostri registi di avere applausi dagli stranieri, è fare la solita copia di Amarcord o di Roma di Fellini...hanno capito che l'immagine che all'estero vogliono dell'Italia è di un paese corrotto,con le pezze al sedere,rimasto al Piano Marshall. I personaggi devono rigorosamente gesticolare,urlare ad alta voce e avere relazioni clandestine.....Gomorra, Baaria, Cinema Paradiso e adesso anche questo qui, in un modo o nell'altro ricalcano questo clichè.... Fa più danni all'immagine del paese un film come questi che 100 interventi di enti italiani a sostegno della nostra industria,agricultura e turismo. Spero che quelli che plaudono a questa notizia se ne rendano conto....."
Il dettaglio che forse siamo davvero un "paese corrotto, con le pezze al sedere, rimasto al Piano Marshall", che la maggioranza di noi gesticola, parla ad alta voce, ha relazioni clandestine e dunque non è un semplice cliché, ma una amara verità, sembra sfuggire completamente, come anche il fatto che nella pellicola a queste miserie esistenziali siano accostati momenti, immagini, impressioni di rara bellezza non solo cinematografica, ma profondamente umana.
Sorrentino nei suoi film usa lanciare decine di messaggi, decine di impressioni, a volte, spesso, in contraddizione tra loro. E' la sua vera forza: dai suoi film chiunque può prendere qualcosa. Il fatto che la maggioranza noti solo la messa in scena del peggio mi pare sintomatico del livello in cui siamo (un popolo di coglioni senza speranza, a mio avviso), e la frase detta dal regista a ringraziamento per il premio mi pare fin troppo ottimista. Ma va beh, d'altronde si sa, hanno tutti ragione.
sabato 4 gennaio 2014
sabato 14 dicembre 2013
Le parole sono importanti
Il M5S non è di destra, né di sinistra, è dalla parte dei cittadini. Fieramente populista.
Da Treccani, enciclopedia italiana:
populismo s. m. [dall’ingl. populism (der. di populist: v. populista), per traduz. del russo narodničestvo]. –
1. Movimento culturale e politico sviluppatosi in Russia tra l’ultimo quarto del sec. 19° e gli inizî del sec. 20°; (........)
2. Per estens., atteggiamento ideologico che, sulla base di principî e programmi genericamente ispirati al socialismo, esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi. Con sign. più recente, e con riferimento al mondo latino-americano, in partic. all’Argentina del tempo di J. D. Perón (v. peronismo), forma di prassi politica, tipica di paesi in via di rapido sviluppo dall’economia agricola a quella industriale, caratterizzata da un rapporto diretto tra un capo carismatico e le masse popolari, con il consenso dei ceti borghesi e capitalistici che possono così più agevolmente controllare e far progredire i processi di industrializzazione.
Da Wikiquote:
Demagogia è l'arte di trascinare e incantare le masse che, secondo Aristotele, porta alla oligarchia o alla tirannide. In ogni caso, il termine indica un agire e un «mobilitare» dall'alto che non ha nulla da spartire con la democrazia come potere attivato dal basso.
Da Treccani, enciclopedia italiana:
populismo s. m. [dall’ingl. populism (der. di populist: v. populista), per traduz. del russo narodničestvo]. –
1. Movimento culturale e politico sviluppatosi in Russia tra l’ultimo quarto del sec. 19° e gli inizî del sec. 20°; (........)
2. Per estens., atteggiamento ideologico che, sulla base di principî e programmi genericamente ispirati al socialismo, esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi. Con sign. più recente, e con riferimento al mondo latino-americano, in partic. all’Argentina del tempo di J. D. Perón (v. peronismo), forma di prassi politica, tipica di paesi in via di rapido sviluppo dall’economia agricola a quella industriale, caratterizzata da un rapporto diretto tra un capo carismatico e le masse popolari, con il consenso dei ceti borghesi e capitalistici che possono così più agevolmente controllare e far progredire i processi di industrializzazione.
Da Wikiquote:
Demagogia è l'arte di trascinare e incantare le masse che, secondo Aristotele, porta alla oligarchia o alla tirannide. In ogni caso, il termine indica un agire e un «mobilitare» dall'alto che non ha nulla da spartire con la democrazia come potere attivato dal basso.
Così, tanto per.
giovedì 12 dicembre 2013
Qualcuno era di sinistra
Ieri ho visto in televisione l'intervista a un ragazzotto, a margine della protesta scoppiata in questi giorni. Non ricordo in quale piazza fosse (non Torino, Milano forse, ma non ha troppa importanza), e di quello che ha detto mi è rimasto un eco piuttosto vago, ma fastidioso. Ha letto un documento, una specie di manifesto, poche righe che suonavano così: "noi non siamo né destra né sinistra, non facciamo riferimento a nessuna ideologia, a nessun partito, a nessuna religione (sic), a nessuna etnia" e via elencando, "cosa siamo? siamo il popolo". La richiesta di questo suo "popolo", che non si è capito quanto numeroso fosse, era quella che girava per la maggiore: i politici, tutti a casa.
Ne ho sentite poi altre di interviste a gente che a fatica riusciva a esprimersi in italiano corretto, ma anche a chi pur facendolo non andava oltre la conclusione che così non va, che se ne devono tutti andare, che "noi siamo il popolo", che "ci hanno rovinato", oltre al solito mantra né destra né sinistra né partiti né sindacati.
In questi casi prendo con le molle quanto passa in televisione. Sicuramente c'era gente che qualche frase articolata e un pensiero logico e mirato lo avrebbe pure tirato fuori, ma non sono quelli da mostrare, ora. Ora bisogna far sbollire la rabbia, quindi minimizzare, se possibile ridicolizzare (e in questo il masaniello in Jaguar ha dato una bella mano da solo).
Paradossalmente a smorzare i toni ci ha provato Grillo, cercando di canalizzarli dalla sua parte: non lo ha calcolato nessuno. Alla fine a furia di sbraitare ci si è abituati anche alle sue sparate, il che è grave, perché a furia di alzare l'asticella finisce che devi per forza superare la misura. Ci sta arrivando piuttosto in fretta a sputtanare il Movimento, e non so se è un bene o un male, visto che condivido l'ansia di cambiamento della base, ma me ne allontanano i metodi scelti, la negazione di una appartenenza che finisce per negarne le finalità, e soprattutto quello che mi sembra venga fuori dall'atteggiamento tenuto dai propri capi. Come ho detto altre volte un recinto ci vuole, il fenomeno Grillo per me non è altro che questo, un comodo cane da guardia a difesa dello stesso potere che dice di voler abbattere (ma è solo una mia percezione personale, e capace che mi sbaglio).
Comunque, la mia opinione riguardo a quanti (imprenditori, agricoltori, artigiani, operai, precari etc) ora si lamentano è in larga parte questa qua, ma ci sarebbe da ribadire che se le cose stanno così la colpa è pure di chi non ha saputo intercettare il malcontento per incanalarlo verso quello che si riteneva la direzione giusta. Non aver saputo contrastare la negazione di schieramenti e ideologie è una colpa grave su cui la sinistra italiana dovrebbe interrogarsi e trovare il modo di correre ai ripari, e pure in fretta.
Negare di avere ideologie o appartenenze, come fa la maggioranza di chi è sceso in piazza, ma come fanno pure tanti di quelli che in questi ultimi due anni si è dato ai cinquestelle, è ammettere inconsapevolmente un proprio vuoto, ma dato che nessuno è realmente vuoto (qualche valore e sentimento ce l'hai anche senza saperlo), da qualcosa è comunque riempito. Siamo italiani, naturalmente portati a sentimenti e valori di destra si dice, e per quel che mi riguarda è vero, almeno per un motivo. Un sentimento di destra è per sua natura conservatore, nasce fondamentalmente dalla paura di perdere ciò che si ha: evidentemente la maggioranza di italiani pensa di avere ancora qualcosa da perdere, da qui la paura, da qui la reazione e il gioco è fatto. Ci sono poi quelli che da perdere non hanno più nulla, ma gli manca l'idea di futuro, e siamo sempre lì: paura del futuro etc etc.
Essere di sinistra, pensare da sinistra, presuppone guardare più al domani che non all'oggi, mantenendo e difendendo però valori che arrivano dal passato. Quel domani forse non arriverà mai, ma lo sforzo teso a conseguire il risultato infonde coraggio, dà speranza, leva la paura. C'è però il problema che chi in anni passati si faceva carico di infondere e trasmettere questi sentimenti (partiti, movimenti, sindacati) o ha smesso di farlo (e tanti purtroppo hanno smesso, colpevolmente), o è stato impossibilitato a farlo (vedi la guerra contro la Fiom da parte della Fiat, ad esempio).
Forse è ora che le poche forze di sinistra ancora presenti tornino ai valori e ai sentimenti originari, è ora che quanti si sentono di sinistra, pur non impegnandosi attivamente, abbiano il coraggio di ammetterlo a se stessi e facciano scelte conseguenti e coerenti col proprio sentire.
Siamo in pratica tornati indietro di un secolo. Allora i movimenti di sinistra si allargarono prendendo tra le proprie fila un popolo di analfabeti, dando loro speranza e conquiste sociali. Vi sembra davvero che la situazione di oggi, dove la speranza è morta e le conquiste sociali perdute, sia molto diversa da allora?
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